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lunedì 12 luglio 2010

Condannato il dottor Giuseppe Landro 57 anni di Messina, a 10 mesi di reclusione (pena sospesa)

A quasi sei anni dai fatti, si è concluso ieri con la condanna di un medico il processo per omicidio colposo per la morte di un giovane di Lipari, il diciassettenne Domenico Villini, deceduto il 25 luglio del 2004 durante una performance agonistica svoltasi su un palcoscenico di Canneto. Ieri il giudice monocratico della sezione del tribunale di Lipari, Roberto Gurini, ha condannato il responsabile pro tempore del Servizio di medicina sportiva dell’Asp del Distretto sanitario eoliano, il dottor Giuseppe Landro 57 anni di Messina, a 10 mesi di reclusione (pena sospesa), nonché al pagamento di una provvisionale di 40 mila euro, oltre alle spese legali in favore della parte civile e al risarcimento del danno che dovrà essere liquidato in separata sede. La richiesta di condanna è stata avanzata dal pubblico ministero Olindo Canali. Il medico - secondo l’accusa sostenuta dal pubblico ministero Olindo Canali - nella qualità di responsabile del servizio di medicina sportiva dell’arcipelago avrebbe firmato e rilasciato al giovane danzatore un certificato di idoneità all’attività sportiva agonistica. Il rilascio sarebbe avvenuto - sempre per la pubblica accusa «nonostante il giovane sportivo fosse affetto da una grave malformazione congenita vascolare e da sindrome disritmica cardiaca». Secondo l’accusa, il medico avrebbe «omesso di sottoporre il giovane atleta ad accurati approfondimenti clinico strumentali in presenza di dati anormali relativi sia al tracciato elettrocardiografico che ai dati di ipotensione risultanti dagli accertamenti preliminari al rilascio del certificato di idoneità». Nello scorso mese di gennaio lo stesso giudice Roberto Gurini, dopo la camera di consiglio, aveva riaperto l’istruttoria dibattimentale del processo per riascoltare in aula il perito nominato dallo stesso giudice, il dottor Raffaele Benanti di Catania che ha poi chiarito alcuni dubbi emersi dall’esame degli atti. La vicenda giudiziaria è stata portata avanti in solitudine dalla madre della vittima che negli ultimi sei anni ha dovuto lottare per ottenere la sentenza di primo grado. Il rischio incombente – a distanza di tutti questi anni – è quello della prescrizione del reato. L’imputato è stato difeso dall’avv. Laura Autru Ryolo

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