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a noi resta la Coscienza in Pace di aver avvisato

sabato 28 maggio 2011

CONDANNATO "prof" PIERO BERTI, 1ANNO E 4 MESI(pena sospesa),PISA,Ospedale SANTA CHIARA

Morì dopo l'intervento

Medico condannato

Un anno e 4 mesi, più il risarcimento danni, allo specialista che operò una giovane alla trachea

Pisa, 28 maggio 2011 - SI E’ CONCLUSO stamani, con la condanna a un anno e 4 mesi e il risarcimento danni da liquidarsi in sede civile, il processo che vedeva imputato il dottor Piero Berti, cinquantunenne pisano, medico del dipartimento di chirurgia generale dell’ospedale Santa Chiara, accusato dell’omicidio colposo di una giovane paziente da lui operata di «Tiroidectomia totale» al Day Surgery. L’intervento, nel corso del quale la donna subì una lesione alla trachea, era avvenuto il 13 luglio 2005 e la paziente era deceduta una settimana dopo. Durante il processo, che si è celebrato davanti al giudice monocratico Donato D’Auria, il chirurgo è stato difeso dagli avvocati Anna Rosa Francini e Patrizio Pugliese, mentre i familiari della giovane di Rovigo, Antonietta F. , che pochi giorni prima della morte aveva compiuto 34 anni - si sono costituiti parti civili, tutelati dall’avvocato Antonio Corraini. Difensori che hanno già annunciato che faranno ricorso. Ma che prima di commentare la decisione attenderanno le motivazioni della sentenza.

LA PAZIENTE era affetta da «Gozzo multinodulare tossico» con possibile «Morbo di Basedow variante nodulare». Per curarla, lo specialista (pisano) alla quale si era rivolta, le aveva proposto una terapia radiometabolica o una terapia chirurgica. Con preferenza per quest’ultima vista l’età e il desiderio di gravidanza della donna.

COSÌ cinque anni fa Antonietta F. viene operata dal dottor Pietro Berti al «Day Surgery», dove trascorre la notte. La mattina, nonostante le fosse stata consegnata una lettera di dimissioni dalla struttura indirizzata al medico curante di base, la donna viene trasferita nel reparto chirurgico del Santa Chiara. In questo frangente - sostengono i familiari della paziente - il dottor Berti dice ai parenti della giovane che si imponeva una degenza più lunga (inizialmente era prevista una permanenza in ospedale non più di 48 ore dopo l’intervento) perché durante l’operazione si era reso necessario «incidere un po’ di più in quanto la tiroide era vicina alla trachea». Ma nella notte tra il 19 e il 20 luglio la donna muore, proprio quando i medici dicono che i problemi si stanno risolvendo. Viene effettuata l’autopsia. Ieri, la parte finale del processo e la sentenza.

FONTE


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Sotto inchiesta sette medici

SONO SETTE, al momento, le persone finite nel mirino della magistratura nell’inchiesta aperta dalla Procura della Repubblica in seguito alla morte dell’avvocatessa
2009-05-15
di FEDERICO CORTESI
DOPO ESSERE operata alla tiroide il suo cuore si è fermato tre giorni dopo, mentre era ricoverata in terapia intensiva. Così è morta M.G., un’avvocatessa giuslavorista del Foro di Palermo, originaria di Trapani, sposata con un direttore di banca e madre di due figli di 14 e 9 anni. Dalla Sicilia era venuta a operarsi nella nostra città, nella clinica di Chirurgia Generale II dell’ospedale Santa Chiara. Per capire le cause della tragedia e accertare eventuali responsabilità la Procura della Repubblica ha acquisito la cartella clinica della paziente e ha disposto autopsia che sarà effettuata nelle prossime ore all’istituto di medicina legale dell’Università.

LA PROFESSIONISTA entra in sala operatoria giovedì scorso intorno a mezzogiorno per essere sottoposta all’asportazione di un piccolo carcinoma, un’operazione definita dai medici di ‘routine’. A dirigere l’équipe medica è il professor Piero Berti. L’intervento chirurgico si conclude verso le 15.30. Alle 20 la paziente è in sofferenza, ha difficoltà a respirare e presenta un’ematoma, che il professor Berti, quando passa per un controllo - prima di lasciare l’ospedale, intorno alle 22 - dispone venga trattato con del ghiaccio. A mezzanotte le condizioni di salute della paziente non migliorano, anzi. E così la cognata dell’avvocatessa chiama il medico di guardia che vista situazione dispone il trasferimento della donna in terapia intensiva. La mattina successiva di buon’ora la sorella del marito di M.G. torna in ospedale e il professor Berti le comunica che la cognata è in coma farmacologico. Sembra anche che si siano presentano difficoltà a intubare la paziente. Nel pomeriggio di domenica l’avvocatessa muore.

IL GIORNO dopo i familiari della professionista si recano negli uffici della Questura per presentare un esposto-denuncia in cui raccontano l’accaduto e si affidano all’avvocato Gianni Capria. Pare che le complicazioni patite dall’avvocatessa dopo l’intervento chirurgico, che poi hanno portato alla morte della donna, potrebbero essere state causate da un’emorragia interna che non sarebbe stato possibile arrestare. La Procura della Repubblica ha subito aperto un fascicolo. A coordinare l’inchiesta è il magistrato di turno, il sostituto procuratore dottoressa Miriam Pamela Romano, che ha affidato l’incarico di eseguire l’esame autoptico - in programma sabato mattina - alla dottoressa Mirella Gherardi. L’équipe medica dell’ospedale Santa Chiara ha nominato come consulente il dottor Alessandro Bassi Luciani, i familiari dell’avvocatessa un chirurgo e un anatomopatologo, entrami palermitani.
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«Non archiviate quella morte»

I difensori dei familiari si oppongono alla richiesta di chiusura del caso

PISA. Non potete archiviare quel caso. La richiesta di opposizione a una tale conclusione delle indagini su una morte avvenuta al Santa Chiara e che ha visto la scomparsa di una madre quarantenne è stata presentata dai legali della famiglia della donna, Giovanni Capria e Giovanni Di Benedetto. La camera di consiglio sarebbe fissata fra pochi giorni. Margherita Giacomazzi, un avvocato di Catania, morì nel 2009 a 42 anni al Santa Chiara dopo un intervento per un carcinoma alla tiroide: operata l'8 maggio, era spirata in terapia intensiva il 10 successivo. Dopo la sua morte e la denuncia dei familiari finirono sotto inchiesta sette camici bianchi. Oggi il pm che ha diretto l'indagine, Miriam Pamela Romano, ha chiesto l'archiviazione del caso, ma la difesa dei familiari del legale, che tutela il marito della donna, Giovanni Strazzeri, ed i figli, due ragazzi oggi di 17 e 11 anni, ha presentato opposizione alla richiesta. Secondo i periti del pm infatti, la dottoressa Mirella Ghelardi, dell'Istituto di medicina legale del nostro ateneo, e il professor Graziano Pisano, responsabile dell'unità operativa di chirurgia toracica dell'Ospedale Maggiore di Crema, nessuna responsabilità è da imputare ai medici che avevano in cura la donna. Secondo la difesa, «la richiesta del pm non può essere accolta in quanto fondata su una disamina parziale degli atti in causa. Il Pm si è limitato a recepire integralmente le osservazioni e le considerazioni dei consulenti, cui viene demandata in toto la verifica di eventuali ipotesi di reato. Vengono completamente ignorate sia le considerazioni e le osservazioni dei consulenti delle persone offese, sia le deposizioni testimoniali e le acquisizioni documentali». I periti del pm fra l'altro avevano presentato la loro consulenza, dopo richieste di proproghe, solleciti della difesa e diffide dello stesso pm, quasi un anno e mezzo dopo i fatti. Per omicidio colposo furono indagati: il direttore di chirurgia generale, Paolo Miccoli, e due medici della sua unità operativa, David Galleri, e Piero Berti, un otorino, Augusto Casani, e tre anestesisti, Francesco Giunta, Ginetta Lagomarzini e Gabriella Licitra. Nella loro denuncia i familiari hanno sempre sostenuto di aver segnalato una serie di problemi la cui sottovalutazione, a loro avviso, avrebbe portato la paziente a due arresti cardiaci, senza che nessuno nel pomeriggio e la notte seguenti all'operazione, se ne accorgesse.

1 commento:

  1. Morto dopo l' intervento di ernia sott' inchiesta il chirurgo varesino

    10 giugno 2011 — pagina 8 sezione: PALERMO

    FINISCE sotto inchiesta per omicidio colposo il luminare di Varese Luigi Basile,specialista in neurochirurgia e chirurgia del rachide che ha operato Pietro Romano, l' uomo di 51 anni morto dopo l' intervento per asportare un' ernia del disco. L' avviso di garanzia è un «atto dovuto» da parte della Procura, emesso a tutela dell' indagato durante le prime fasi dell' indagine. L' operazione è stata eseguita al Policlinico. Il paziente, dopo un' ora, ha avuto un' emorragia interna. I medici hanno tentato tutto il possibile per strapparlo alla morte durante una seconda operazione. «Quando mio padre è stato trasportato in Chirurgia vascolare, ci è stato comunicato che erano state danneggiate una vena e un' arteria», racconta il figlio Giuseppe. Pietro Romano abitava a Carini con la famiglia e aveva deciso di farsi operare dopo cinque anni dalla scoperta dell' ernia. Oggi sarà eseguita l' autopsia. .
    Lo stesso neurochirurgo ha operato me lasciando problemi e strascichi tali da farmi diventare invalido civile!
    raymond1965@libero.it

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