La piccola morì
in ospedale
Psichiatra a giudizio
a Inverigo
Secondo l'accusa Patrizia Spelta non ha correttamente diagnosticato la lesione mortale. Sarà chiamata a rispondere di omicidio colposo
Inverigo (CO), 19 maggio 2011 - L’accusa che ieri l’ha portata davanti al gup, è di non aver correttamente diagnosticato l’infezione di cui soffriva una piccola degente dell’Istituto Don Gnocchi di Inverigo, che per lei ha avuto esito letale nel giro di una decina di giorni.
Patrizia Spelta, neuropsichiatra della struttura sanitaria, ieri è stata rinviata a giudizio per il prossimo ottobre, al Tribunale di Cantù, dove sarà chiamata a rispondere di omicidio colposo intervenuto per omessa diagnosi. Il medico era ritenuta la figura di riferimento, quanto a responsabilità professionale, per la valutazione dello stato di salute della bimba.
Una piccola degente con gravi problemi, non facile da seguire e da capire nelle sue esternazioni e nel modo di comunicare, condizione che aveva comportato il suo ricovero nelle struttura di Inverigo, che ospita bambini e ragazzi con problemi fisici e neurologici di varia natura, ma tali da comportare disabilità gravi.
I problemi della bimba cominciarono a manifestarsi verso fine maggio, senza che però la Spelta – almeno stando alle accuse del sostituto procuratore di Como Valentina Mondovì – riuscisse a comprendere la natura di quel malessere sempre più pronunciato, e di conseguenza la cura corretta da somministrare. Dopo alcuni giorni, durante i quali le condizioni peggiorarono, la piccola fu trasferita all’ospedale di Brescia, ma il suo malessere era ormai non più recuperabile, tanto che nel giro di una decina di giorni, ha smesso di vivere, il 1° giugno 2009.
La segnalazione alla Procura di Como da parte della famiglia, ha comportato l’avvio di un fascicolo di accertamenti, nei quali sono stati acquisti tutti i documenti relativi al suo decorso clinico, a partire dai primi sintomi manifestati quando ancora era a Inverigo. Secondo le ipotesi formulate dalla Procura, la piccola sarebbe morta per una infezione di origine renale, poi estesa a livelli irrecuperabili. In particolare, a titolo di omissione verrebbe indicata la mancata somministrazione di un antibiotico in tempi utili a bloccare l’estendersi dell’infezione, che secondo i consulenti interpellati in corso di indagine, si sarebbe potuto rivelar strategico nel bloccare la degenerazione.
In merito alla posizione dei medici che hanno curato la bimba a Brescia, la loro posizione è apparsa non discutibile, in quanto intervenuti quando l’infezione non era più arginabile. La neuropsichiatra, da parte sua, ha scelto il dibattimento, nell’intenzione di dimostrare che quella forma di infezione non era immediatamente riconoscibile, e che l’approccio terapeutico riservato alla bimba, è apparso il più corretto a fronte del quadro clinico mostrato in quei primi giorni di crescente malessere della piccola.
di Pa. Pi.
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